Vanessa Chisakula è una poetessa zambiana che ha scoperto la propria voce poetica dopo essere diventata madre. Per lei la poesia porta alla luce l’anima femminile. Combatte le ingiustizie sociali dando una voce a chi viene relegato ai margini della società, come chi soffre di disturbi psichiatrici. Crede, inoltre, che l’arte possa essere un veicolo di dialogo e un mezzo per creare un movimento giovanile che crei consapevolezza sulle problematiche sociali.
Una delle tue prime poesie, “Il suo posto”, parla dell’essere madre e donna, questo ruolo come ha dato forma alla tua voce e come ti ha spinta a scrivere?
“Il suo posto” è una poesia molto personale che scava nella complessità dell’essere madre e donna in questa società. Per me scrivere è sempre stato un mezzo di espressione ed esplorazione della mia interiorità. La maternità mi ha portato una moltitudine di nuovi sentimenti e di nuove sfide che hanno trovato una via naturale nella poesia: ha acuito in me l’empatia, la sensibilità e la mia capacità di comprendere gli esseri umani. Ho cominciato così a riflettere sulle norme sociali, i ruoli di genere e le sfide che accompagnano ogni donna.
Scrivere è diventato quindi un rifugio in cui potevo navigare libera e articolare queste emozioni, confrontando le mie tensioni interne, derivanti dal mio essere madre e donna, e cercando di trovarvi una soluzione.
In “Il nemico dentro di sé” dici che il nemico principale di una donna è la donna stessa, cosa ti ha portato a dire che il vero “diavolo” è la donna che “vedi nello specchio” e “indica lo strappo nelle tue scarpe e non la lacrima nel tuo occhio”?
“Il nemico dentro di sé” esplora le lotte interiori e l’autocritica con cui ogni donna si guarda: evidenzia l’influenza pervasiva delle aspettative sociali e di una misoginia che viene internalizzata dalle donne stesse. Rendersi conto che il nemico di una donna è spesso dentro di lei prende le mosse dall’introspezione, dall’osservazione e dall’esperienza collettiva.
In quanto donna, io ho visto su me stessa gli effetti del dubbio, del confronto e del continuo perseguire degli standard che in realtà non si possono ottenere. Il “diavolo” rappresenta metaforicamente tutte queste credenze e giudizi che lavorano dentro di noi e che minano l’autostima: la società infatti spesso promuove un’immagine della donna di una bellezza irreale, portando tutte a interiorizzare questa visione sbagliata.
Infine, il verso “indica lo strappo nelle tue scarpe e non la lacrime nel tuo occhio” si riferisce a quella tendenza a concentrarsi su ciò che è superficiale, senza riconoscere le ferite psicologiche più profonde.
Sei cofondatrice di un grande movimento, Word Smash Poetry, che dà voce a molti poeti e si è impegnato particolarmente nella lotta alla violenza di genere in Zambia. Come ti è venuta l’idea di questo movimento? Come ha influito la violenza di genere sulla tua voce poetica, su quelle degli altri poeti e sulla vita delle donne nel tuo Paese?
Word Smash Poetry è nato dal desiderio di dare ai poeti uno spazio per parlare sinceramente di temi sociali. Per quanto riguarda la violenza di genere in Zambia, la nostra attività riflette la nostra adesione alla giustizia sociale. Questo tipo di violenza è un tema di forte ispirazione, ma è anche in grado di instillare il dubbio nei confronti della propria interiorità e la paura. In Zambia ostacola fortemente la libertà e perpetua schemi di comportamento dannosi per il progresso verso l’uguaglianza di genere.
Fai parte dell’African Youth Partnership e l’Africa è il Continente più giovane della Terra: nella tua poesia “Africana” parli della grande diversità del Continente e della sua ricca cultura. Come può tutto ciò influenzare la tua poesia e come può essere convogliato in un movimento giovanile africano che porti un cambiamento attraverso l’arte?
Nella poesia “Africana” celebro l’intricata ricchezza delle culture africane, delle lingue e delle tradizioni e riconosco la bellezza e la complessità di questo nostro patrimonio. Questa profonda diversità influenza la mia poesia infondendole un caleidoscopio di nuove prospettive e mi dà la possibilità di esplorare tematiche come l’identità e il senso di appartenenza. Tutto questo con un occhio di riguardo nei confronti delle sfide e delle ingiustizie che persistono nelle nostre società.
In Africa questi sentimenti possono servire come catalizzatore per l’unità e la solidarietà: accettando le nostre differenze possiamo coltivare una società più inclusiva ed egualitaria.
Per far convergere tutto ciò in un movimento giovanile africano, secondo me è essenziale dare voce a chi si trova in contesti di marginalità e portare l’attenzione sulla discriminazione e sull’oppressione che diverse comunità affrontano. Si può ottenere tutto questo solo con il dialogo interculturale e con iniziative che promuovono il patrimonio africano.
Far leva sul potere dell’arte, della poesia, della musica e di altre forme di espressione creativa può aiutare a creare un ponte tra le divisioni e a sostenere l’intervento nell’ambito della giustizia sociale e dei diritti umani. La poesia dà l’opportunità di rendersi testimoni di queste ingiustizie e sfidare lo status quo. Con un linguaggio immaginifico e con il simbolismo, i poeti possono stimolare il pensiero critico e offrire uno spazio per la presa di coscienza, facendo appello a valori condivisi e a emozioni come l’amore, la perdita, la resilienza e la speranza.
Sempre in “Africana” ti riferisci a qualcuno che pensa che gli africani siano poveri e si nasconde dietro una “benevolenza colpevole”. Come pensi possa essere cambiato questo modo di pensare nel resto del mondo e come si può portare la gente a vedere il potenziale dell’Africa piuttosto che i suoi difetti?
Cambiare la visione che il mondo ha dell’Africa richiede di sfidare gli stereotipi ed evidenziare il vasto potenziale del Continente, la sua resilienza e diversità. La credenza per cui gli africani sono sicuramente poveri o bisognosi porta avanti una narrazione dannosa che trascura la ricchezza di risorse, di innovazione e di cultura che ci sono in Africa.
Chiavi per comprendere tutto questo sono l’apprendimento e la presa di coscienza della situazione. Mostrare i successi degli africani e i loro progressi è fondamentale ed è necessario anche far vedere i loro contributi nei confronti della comunità globale, anche in campi come la tecnologia e le arti.
Inoltre, promuovere la collaborazione tra l’Africa e il resto del mondo può rendere più facile imparare l’uno dall’altro tramite uno scambio di conoscenze e risorse. Dar voce agli africani attraverso piattaforme globali può mettere in crisi la mentalità dominante e mostrare un ritratto del Continente più autentico. Si può fare solo dando la possibilità agli africani di raccontare le loro storie.
Secondo le Nazioni Unite, lo Zambia è alle prese con una forte diseguaglianza sociale e con la pandemia di AIDS. Questa situazione può portare a serie conseguenze sulla salute mentale delle persone, cosa di cui tu ti sei occupata estesamente nelle tue poesie.
Chiaramente le disuguaglianze sociali e l’AIDS hanno forti implicazioni sulla salute mentale e sul benessere degli individui qui in Zambia. L’impatto pervasivo di queste sfide quotidiane si manifesta in diversi modi, come lo stress, l’ansia, la depressione e il disturbo post-traumatico. In particolare, l’AIDS non pone solo dei sostanziali rischi alla salute delle persone ma porta con sé anche lo stigma, per cui chi ne è affetto si confronta con l’ostracismo, il rifiuto e la perdita di qualsiasi tipo di supporto sociale.
In quanto poeta e membro della comunità zambiana, tutto ciò influenza profondamente le mie emozioni e la mia visione della vita: accendono in me l’empatia, la solidarietà e una sensazione di urgenza di intervenire contro le ingiustizie del sistema e promuovere il cambiamento sociale.
Intervista a cura di Chiara Ercolini e Antonella Sinopoli
Link all’intervista originale in inglese
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