Nanda La Gaboma

Artista e donna poliedrica: poetessa slam, imprenditrice sociale, attivista culturale, editorialista, ma anche una laurea in psicologia sociale e del lavoro e molto impegnata in questioni ambientali.

Naelle Sandra – nome d’arte Nanda La Gaboma – ha un’estrema fiducia nel potere delle parole. Tiene laboratori di poesia, parla in pubblico e fa coaching sulla gestione dello stress e sulla fiducia in se stessi. Ha preso parte a numerosi festival in tutto il mondo, è membro del collettivo LoSyndicat e co-fondatrice di Le Maquis Bibliothèque. Abbiamo fatto con lei una lunga conversazione che ci aiuta a comprendere il suo carattere di donna africana e la sua natura di artista.

Raccontaci i momenti più significativi della tua vita, quelli che ti hanno formato e che ti hanno permesso di essere quello che sei oggi.

Al liceo cantavo e scrivevo, molto presto ho cominciato a frequentare artisti, eseguivo anche molte canzoni tradizionali locali e talvolta francesi. Scrivevo testi ma raramente venivano eseguiti per il pubblico. Poi all’università ho incontrato la slam poetry durante la proiezione del film SLAM in cui recita Saul Williams. È stata una rivelazione. Così ho cominciato a praticarlo e ben presto ho preso parte a numerose gare slam e mi si è aperta la professione di lyricist slam poet. I viaggi in altre città o Paesi sono sempre stati momenti straordinari che hanno dato significato alla mia arte. Un altro momento importante è l’uscita del mio primo album nel 2020 (Mié Kamba, Je parole) e soprattutto la sua presentazione nella mia città natale davanti allo sguardo stupito di mia madre che ora non c’è più. È stato un momento pieno di emozione, è stata la prima volta che mi ha visto davvero sul palco. Non sono mai stata così in tensione in vita mia.

Lo slam è una forma di attivismo per molti giovani della nuova generazione africana. In cosa consiste il tuo attivismo, o meglio artivismo come lo definisci, e a quale pubblico ti rivolgi?

Sì, lo slam è un’arte attivista nel mio Paese in particolare, ma anche nel Continente in generale. Il mio è una forma di attivismo civico, lavoro all’educazione popolare attraverso lo slam. Mi impegno nell’educazione ambientale, nel rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone, nella difesa della libertà e della democrazia e nella cosa pubblica denunciando i mali che minano la nostra società. Ma anche proponendo idee. Difendo le donne e i bambini perché penso che siano l’avvenire migliore. Il mio pubblico è vario e diverso a seconda del contenuto dei testi. Ma ho una preferenza per i bambini e le donne.

È più difficile per una donna emergere nelle società scioviniste e patriarcali. Forse ancora di più in campo artistico. Come è stato il tuo percorso in questa direzione?

Lo slam è una delle rare arti in cui le donne sono poco discriminate, c’è solidarietà e sorellanza. Posso dire che a me è andata meravigliosamente bene. Le difficoltà sorgono quando passiamo ad un’altra fase del nostro percorso nello slam, quella di essere un’artista professionista. È a questo punto che le donne si trovano ad avere a che fare con ricatti, abusi di potere, richieste pesanti e flirt che non vorresti. Ma, a livello artistico,  nel mondo dello slam essere una donna o un uomo non importa, lì siamo tutti umani.

Quali sono gli ostacoli più grandi che affronti come donna nel tuo Paese e come artista?

La cosa più difficile è gestire noi stesse e trovare un equilibrio tra le nostre molteplici vite (donna, moglie, artista, madre e talvolta anche imprenditrice). La vita quotidiana pesa ancora troppo sulle spalle delle donne che hanno troppi compiti da svolgere e gestire. Questa pesante vita quotidiana spesso rallenta la creatività e la pratica regolare della nostra arte e quindi l’avanzamento di carriera. Diverse donne di talento abbandonano lo slam e l’arte strada facendo e quando si sposano, e questo è un vero peccato. C’è anche la mancanza di mezzi sufficienti per realizzare pienamente la nostra arte.

Che peso ritieni abbiano le tue parole e quali reazioni provocano in chi le ascolta?

Chi mi segue potrà rispondere più facilmente a questa domanda. Ma sulla base del feedback positivo delle persone, credo che le nostre parole siano pesanti come l’oro e la piuma. A volte accarezzano, a volte solleticano, altre volte spaccano teste per toccare e risvegliare coscienze e cervelli moribondi; a volte sventrano i cuori. È successo che le parole fossero all’origine di cambiamenti nelle decisioni e nei comportamenti politici di qualcuno. Alcuni dei miei follower mi dicono che le mie parole stimolano, guariscono e fanno del bene.

Quali argomenti tratti più frequentemente e perché?

Parlo spesso di amore, mia madre mi diceva che l’amore è la soluzione a tutto e che dobbiamo metterlo in tutto ciò che abbiamo e facciamo. L’amore sublima e ci spinge a dare il meglio, a fare bene, a fare del bene a noi stessi e agli altri.

Parlo della libertà sì, della libertà, della sua ricerca, dell’importanza di preservarla, delle nostre lotte per conservarla e rendo omaggio a coloro che per la libertà hanno dato la vita. Noi che abbiamo vissuto sotto l’oppressione sappiamo che le restrizioni rallentano ogni tipo di sviluppo, individuale, collettivo, artistico, sociale…

Parlo di noi donne, dei nostri superpoteri così ignorati, delle nostre lotte quotidiane, dei nostri diritti spesso ignorati da noi stesse e non sempre rispettati nelle nostre società; dei nostri sogni, delle nostre follie, delle nostre contraddizioni, delle nostre lamentele e di questa sorellanza e della nostra unità. Noi donne possiamo fare tutto e tanto ancora. Possiamo dare alla società la forma che vogliamo, educarla come sogniamo. Parlo dei nostri amori e dell’importanza di amare prima noi stesse. Delle nostre relazioni, dei nostri matrimoni e tutti questi ruoli che la società ci impone e che abbiamo interiorizzato come doveri. Parlo di noi perché so che siamo capaci di tante imprese, coraggio, creatività, amore, affetto e rivoluzione. 

Parlo di rispetto e complementarietà dei generi, parità di trattamento in ogni cosa.

Parlo della giustizia. Il mio Paese ha vissuto diversi anni di disordini politici, drammi e lacrime anche se è un paradiso. Gli abusi e il mancato rispetto dei diritti umani, le privazioni e gli arresti arbitrari, la miseria imposta alle persone e la privazione del benessere mi hanno portato per anni a fare slam per la gente concentrandomi su questi temi e motivando la gente a insorgere.

Motivo la società, tutti, a osare realizzare e coltivare i propri sogni, ad alzarsi per difendere i propri diritti e costruire i nostri Paesi, a istruirsi, a leggere. E sensibilizzo sull’importanza di preservare la natura, senza la quale saremmo semplicemente morti ma che distruggiamo per ricchezze illusorie.

Parlo molto della pace dentro di noi e tra di noi, dell’unità dei popoli del Continente e di tutti gli esseri umani.

Passare semplicemente dall’uso della parola all’uso dell’accompagnamento musicale di quelle parole spesso diventa naturale per uno slammer. Quanti album hai già pubblicato e chi sono i  colleghi che apprezzi di più?

Finora ho pubblicato solo un album e un altro è in preparazione. Lo slam oggi si è evoluto ed è diventato un miscuglio di parole vestite con tante belle cose creative. Ho così tanti colleghi e persone che contano per me in quest’arte.

Penso a quelle che affettuosamente chiamo le mie “SIST’SLAM” le mie sorelle nell’arte: Zako Olili, Mariusca, Amee, Lydol, Lyne des mots, La Slamazone Malika, la Débboslam Nourrat, Cayla, Makwa, e tante altre ancora.

Poi ci sono i miei fratelli in poesia, quelli del mio collettivo Losyndicat, poi gli slameur Ange Minkala, sêminvo, Eliphaz, Kibongui, Zou, Chef Ella che ci ha lasciato da poco e tanti altri. Lo slam è una grande famiglia.

Come vedi la posizione delle donne nel tuo Paese, quali sono le loro lotte più significative?

Nel mio Paese le donne sono visibili e presenti in tutti gli ambiti della società anche se non ancora nella stessa percentuale degli uomini. La lotta più grande è abbattere i muri che si sono imposte e osare perché il mio Paese non ha granchè leggi discriminatorie per le donne e offre tantissime possibilità.

Noi donne spesso ci atteniamo a costrutti sociali arcaici e ci autolimitiamo. La lotta più grande è una lotta di volontà, di audacia e di sorellanza da reinventare. Dobbiamo sognare di essere noi stesse, di esistere – e non solo attraverso gli uomini che condividono la nostra vita – anzichè sognare di avere un anello al dito. A scuola nelle classi di scienze le donne sono presenti, si danno da fare. Abbiamo alcune donne al Governo e nei principali organi direttivi del Paese. Le donne hanno conquistato il loro posto quasi ovunque, molte sono leader aziendali.

C’è ancora tanto da fare in termini di parità retributiva, quote nel Governo, rappresentanza in Parlamento, al Senato e negli enti locali e nei Comuni. Poiché il proverbio dice che “ciò che una donna vuole, Dio lo vuole”, tutto ciò che le donne gabonesi devono desiderare è essere in grado di far accadere le cose.

Quale impegno e responsabilità senti di avere nei confronti delle giovani generazioni di slameuses del tuo Paese, quali sono gli incontri di gruppo, le associazioni o gli eventi pubblici più importanti in cui vi riunite?

Penso che devo fare la mia parte, trasmettere la fiamma delle parole alle giovani gabonesi. Vorrei che anche le altre sperimentassero tutto il bene che mi ha portato lo slam. La trasmissione dall’uno all’altro è uno degli atti più grandi per lottare contro la morte e andare verso l’immortalità, ecco perché mi piace condividere le mie parole, essere una “slam coach”, una “ostetrica poetica” e  accompagnare gli altri.

Questo spesso viene fatto durante laboratori su mia iniziativa o su iniziativa di altre persone o strutture. Principalmente con la ONG Imya e Losyndicat e durante il nostro festival Powêtudes, con la “Fédération Gabonaise de Poésies Urbaines” durante il Grand Slam National, una competizione nazionale di slam in Gabon, per citarne solo alcune.

Puoi citarci alcuni dei tuoi versi che pensi ti rappresentino di più?

Uno dei versi che mi rappresenta e accompagna il mio cammino è: “perché non abbiamo il coraggio di tacere

La poesia è felicità seminata nel mondo, la poesia salva

Trasmettitrice di parole e di amore, sono parola viva, vibrante, parola migrante, viaggiatrice nel vento

Slam è Amore, trae il suo significato dalla condivisione, quindi condividiamolo

Cosa speri per il tuo Paese e per le donne gabonesi?

Ciò che mi aspetto dal mio Paese è che metta in atto le strutture e i mezzi adeguati per sostenere le donne nel loro processo di sviluppo ed emancipazione. Il resto spetta a noi donne farlo, conquistare e costruire un domani migliore.

Intervista di Antonella Sinopoli

Link alla versione originale dell’intervista in francese 

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