Priscilla Ayuen

Priscilla Ayuen ha 22 anni, studia Scienze Aziendali e Management all’Università di Juba. Il suo pseudonimo è Wingless Bird (uccello senza ali), un nome che adora e che significa molto per lei, anche se poi non lo usa quando si presenta sul palco, dove comunque è sempre e solo se stessa. Un palco che vuole utilizzare per dare voce alla sua generazione, cercando di emergere in un mondo dominato dalle scelte degli uomini.

In questa intervista Priscilla racconta le sfide di essere una giovane donna e una poetessa in un paese instabile come il Sud Sudan. Ma ci racconta anche dei suoi primi successi e del suo impegno per migliorare la società in cui vive.

Raccontaci un po’ di te: quando hai iniziato a scrivere poesie e ad esibirti? Che tipo di messaggio cerchi di trasmettere?

 Ho iniziato a scrivere nel 2019; frequentavo un club di musica, danza e teatro e facevo parte di un gruppo di poesia scolastica che recitava poesie scritte dal nostro tutor. Nel 2021 mi sono imbattuta in un post sui social media; si trattava di una gara di poetry slam. In quel momento  ho pensato che avrei dovuto provarci. Fortunatamente sono stata selezionata. Non ero la migliore ma, sorprendentemente,  ho vinto il premio per la migliore poesia. È così che ho iniziato a esibirmi dinanzi a un pubblico.

Ogni volta che sono in scena cerco di perfezionarmi. Sul palco voglio essere una leonessa e mi concentro sulla condanna delle ingiustizie sociali. Adoro quando i miei pezzi arrivano al pubblico.

Cosa significa per i giovani del Sud Sudan vivere in un Paese con frequenti crisi socio-politiche?

Sicuramente ha un profondo impatto sui giovani. Ci troviamo ad affrontare numerose sfide: l’accesso limitato all’istruzione, all’assistenza sanitaria e alle opportunità di lavoro. Molti sono stati sfollati dalle proprie case e comunità a causa di violenze e conflitti e lottano per ricostruire le proprie vite in ambienti spesso ostili. Il costante stato di incertezza e paura può portare a problemi di salute mentale come ansia e depressione.

Inoltre, la mancanza di fiducia nelle istituzioni governative e la prevalenza della corruzione possono scoraggiare i giovani dall’impegnarsi in attività civiche e politiche, marginalizzando ulteriormente le loro voci e le loro prospettive. Nonostante queste sfide, molti giovani sud-sudanesi rimangono resilienti e continuano a lavorare per costruire un futuro migliore per se stessi e per il proprio Paese.

Recentemente sei stata nominata rappresentante dei giovani per il tuo Paese presso il Programma dei Delegati per i Giovani delle Nazioni Unite per l’Africa. Come svolgerai questo ruolo?

L’organizzazione mi supporta nel lavorare con i giovani sulla costruzione della pace, trovando modi per creare opportunità di lavoro e dando loro anche un motivo per usare la propria voce e partecipare al processo decisionale nazionale e internazionale. Amo quello che sto facendo perché credo che i giovani abbiano la capacità di cambiare ogni narrazione. Andrò avanti spedita finché non avrò raggiunto i miei obiettivi.

Quanto riescono a farsi sentire i giovani sud-sudanesi, ad avere voce in capitolo nelle decisioni dei leader? Oppure la loro voce è del tutto inascoltata?

I giovani nel mio Paese hanno opportunità limitate di farsi sentire e di avere voce in capitolo nelle decisioni dei leader. Il Sud Sudan ha una storia di instabilità politica, violenza e corruzione, che ha portato a una mancanza di fiducia nelle istituzioni governative. Tuttavia, ci sono alcune organizzazioni giovanili come il Programma dei delegati giovanili delle Nazioni Unite per l’Africa, Youth of next generation e altri ancora, e anche attivisti che stanno cercando di farsi ascoltare e sostenere il cambiamento.

Partecipano a proteste come quelle in corso sull’inflazione dei prezzi, campagne sui social media ed eventi comunitari per esprimere le loro preoccupazioni e richieste per una migliore governance, pace e sviluppo. Nonostante questi sforzi, però, la loro voce rimane in gran parte inascoltata dal Governo e dai decisori, che spesso danno priorità agli interessi degli anziani e dei gruppi potenti.

Qual è il risultato di cui sei più orgogliosa nella tua carriera artistica?

Essere arrivata seconda alla competizione East African Poetic Hour Battle. Mi ha fatto sentire così felice di me stessa. L’altro risultato di cui vado orgogliosa è la vittoria all’African Writers Drama Writing Competition. Adoro il modo in cui sto crescendo.

Un ampio e interessante gruppo di artisti slam e spoken word sta emergendo in Sud Sudan. Quali sono i principali temi affrontati da questi giovani?

È abbastanza vario, per lo più scrivono su questioni sociali e politiche, uguaglianza di genere, istruzione e anche cultura. Integrare la nostra cultura nel lavoro artistico lo rende unico e ci distingue.

Qual è la tua poesia preferita, quella che ritieni trasmetta il messaggio più importante e chiaro su chi sei?

Nya ku toc è un pezzo che vive in me. È un detto delle tribù Dinka che significa “Una ragazza è come uno stagno”. I bacini sono fondamentali per le comunità rurali per la pesca e l’abbeveraggio degli animali. Quindi, secondo le tribù Dinka, una ragazza è benefica per loro come uno stagno perché gli uomini sono disposti a pagare il prezzo della sposa alla famiglia e perché le figlie sono devote ai loro genitori e sempre pronte ad aiutarli. 

La mia poesia parla del fatto che sia le ragazze che la società hanno interpretato erroneamente questo detto. La società sta davvero facendo del suo meglio per dare potere alle giovani donne? E le donne stanno facendo del loro meglio per ottenere ciò che vogliono veramente?

Questo ci porta alla condizione delle donne in Sud Sudan. Quali sono le cause che personalmente sostieni?

Sono un’attivista appassionata per i diritti delle donne e ho le mie convinzioni sul motivo per cui è molto difficile raggiungere l’uguaglianza. Lotto duramente per cambiare la percezione che la maggior parte delle donne ha, e che le porta a non fidarsi di se stesse, pensando di essere inferiori. Io voglio invece dimostrare alle donne che siamo forti e straordinarie.

Intervista di Antonella Sinopoli

Link all’intervista in inglese

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