Io sono una pagina piena di metafore
Anche nel silenzio il mio slam grida forte e chiaro in un Mondo di sordi, è duro
il peso portato dalla donna emarginata che finisce paralizzata
Sono una voce che viene a vagliare le sue miserie, e a far risuonare la sua fede imbavagliata
Sono ossessionata dalla lettura anche se diffido degli studi
che ci imprigionano in pensieri prefabbricati e preconcetti
che importano idee colonizzatrici bianche a scapito della mia negrezza
che calpestano il nostro genio creativo e ci impongono una riproduzione programmata
Sono una soldatessa che carica la sua arma di parole
Punto su tutto ciò che si muove soprattutto sul male
di questo mondo che ha fatto della donna una macchina per produrre
piuttosto che una pilota di felicità nei cieli della misericordia
Libero matrici in crisi di sovrapproduzione
nella prigione sintattica che fa rimare donna e
maternità
Sono la vitamina che ripristina l’energia
a tutte le donne agonizzanti nella disperazione
Quelle che a ogni ora modellano la loro felicità sulla presenza dei mariti
Quelle che vivono solo per costruire la felicità di un altro genere
Ho la mia penna come chiave del successo
I miei versi sono antidoti che mi curano in eccesso
contro virus di ogni tipo
Non mi ammalerò mai finché la mia poesia sarà immune
Sono il grido d’allarme che risveglia tutte le coscienze
addormentate in un sonno profondo di egoismo
Incasso colpi duri senza perdere la vista
Come Mohamed Ali volo come una farfalla e pungo come un’ape
Non mi arrendo, o vinco o mi metto in discussione
In questa lotta contro la tirannia, l’arte mi serve da scudo
Le mie parole sono frecce che trafiggono cuori umani senza ferirli
Pensano ai dolori causati dalla guerra
Le mie parole illuminano i sentieri bui del futuro dei bambini
che soffrono della bulimia di andare a scuola
L’ombra della loro speranza è grande quindi slammo
Sono una maga
Nella mia cucina trasformo una pentola d’acqua calda in un fiume di conoscenza
che lascia tracce di vita ovunque vada
Con l’inchiostro della mia penna intingo le mie pagine
Con la grafia della mia poesia firmo sul mio destino confuso
Preparo la mia pentola con ingredienti di parole
per servire su un piatto il mio slam più forte di un promemoria
Sono l’artista che doma la sofferenza del suo popolo
Ogni giorno profumo le sue ferite
Sono la voce dei muti
Senza voce e allo stesso tempo portavoce
E la mia lingua è la loro, la mia saliva nazionale anche quando il mio discorso è urlo
Sono il bambino abbandonato
vittima dell’incomprensione tra i suoi genitori
Sono il senzatetto
a cui la natura ha offerto come letto una fogna
Combatto fino all’ultimo fiato dell’infinito
Sono un testo, una prosa, una poesia, uno slam
Sono un’artista.
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[Su gentile concessione dell’autrice]
Traduzione di Maria Luisa Vezzali
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